Di Michela Scomazzon Galdi

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Di una città non godi le sette o

settantasette meraviglie, ma la

risposta ad una tua domanda

(Italo Calvino, Da “Le città invisibili”)

 

Il blu esprime la verità

(Ben Jonson)

 

Sognosoloacolori torna a febbraio, che è anche il mio mese di nascita, con uno dei miei colori preferiti: il blu che, nella sfumatura senza tempo del classic blu (19-405), è il colore scelto dall’Istituto Pantone come colore guida per il 2020. “Viviamo in un’epoca in cui sono necessarie fiducia e fede, valori trasmessi dal classic blu ma in generale dal blu, una tinta solida e affidabile”, ha affermato Leatrice Eiseman, direttore esecutivo dell’Istituto. Come ben sanno tutti coloro che sono appassionati del mondo dei colori, lo statunitense Pantone Color Institute, la divisione commerciale specializzata nella catalogazione dei colori, ogni anno stabilisce quali siano, in numerosi settori di mercato (moda, arredamento di interni, design ecc.), i colori di tendenza e decreta “the color of the year”. “Infondendo calma, fiducia e un senso di connessione, questa intramontabile tonalità di blu mette in evidenza il nostro desiderio di una base stabile da cui partire mentre ci apprestiamo a varcare la soglia di una nuova era” hanno spiegato dal Pantone Color Institute.

Il blu, da molti ingiustamente considerato un po’ banale e noioso, è in realtà un colore dalle tante sfaccettature ma sempre emozionante: basti pensare al blu dell’oceano in estate, a quello del cielo al tramonto o in quell’ora della notte che precede l’alba; al mantello dei Tuareg, al prezioso zaffiro. Nella moda il blu è esploso: Maria Grazia Curi per Dior ne ha fatto il colore unico per intere collezioni ed il blu è da sempre il colore preferito da Giorgio Armani, che ne è maestro.

D’altronde, sappiamo che ogni colore non è soltanto il risultato di una percezione visiva dello spettro elettromagnetico ma riflette ed enfatizza stati emotivi e psicologici. Il blu, rappresentato dal 5° Chakra, è collegato alla comunicazione: permette di esprimersi senza difficoltà, di comunicare all’esterno ma anche di esprimere la nostra interiorità.

Il blu di Sognosoloacolori a febbraio ci porta idealmente in una città che adoro e che sarà appena possibile una delle mie prossime mete di viaggio: New York. Città dinamica, cosmopolita, pulsante di vita, in quanto ai colori può però farci pensare ad una città grigia. In realtà, la Grande Mela è un caleidoscopio di luci e colori ed alcuni la caratterizzano: il giallo dei taxi, dei pali in metallo per evidenziare gli idranti, della luce al tramonto o di quella dorata che si riflette sui palazzi di vetro, il giallo dei cespugli dei fiori di uno dei parchi meno noti della città il “Manhattan’s West Side High Line”, elevato rispetto alle strade e che dona una magnifica visione del fiume Hudson; il rosso degli idranti che spicca in mezzo ai grattacieli, quello di molte insegne soprattutto a Times Square o quello predominante in molti palazzi di Brooklyn o nei mattoni dei palazzi e delle scale esterne in ferro della Upper East Side, la zona più prestigiosa di New York; il verde del famoso dollaro statunitense, quello di Central Park, il polmone della città, il verde dei cartelli stradali o delle tendine di ristoranti e negozi.

 

 

Ed infine, il blu, il nostro blu: presente nella bandiera americana a stelle e striscie, appesa ovunque; il blu dell’oceano sul quale si affaccia la città o quello di alcuni palazzi; il blu del cielo che si intrufola tra i grattacieli e dove svetta la Statua della Libertà. Il blu della città che rappresenta uno dei principali centri culturali del mondo e, quindi, della comunicazione. New York è una delle città più raccontate dalla letteratura e dal cinema che la sceglie spesso come set cinematografico privilegiato: ogni anno vengono girati più di 250 film (tra i tanti che abbiamo amato ricordiamo Taxi driver, New York New York, Manhattan, Wall Street, Harry ti presento Sally, Ghost, Carlito’s Way), e molti sono stati i suoi cantori visivi, tra i quali Charlie Chaplin, Martin Scorsese, Al Pacino, Sergio Leone.

Poiché per il 2020 mi sono ripromessa cambiamento e libertà, in libertà, questo mese invece di proporvi un libro vi consiglio un film ambientato proprio a New York – “Un giorno di pioggia a New York” – di Woody Allen, un regista che si ama o si “odia”: e io, lo… amo!

 

 

Woody Allen – il cui vero nome è Allen Stewart Konigsberg – il “più europeo” tra i registi d’oltreoceano, punto di riferimento per la commedia americana moderna, ha fatto di New York – la città del cinema per antonomasia – il palcoscenico preferito dal quale raccontare la sua visione del mondo e dei rapporti umani. New York è la città natale del regista, il luogo in cui vive; a New York sono ambientati moltissimi suoi film. La New York raccontata magistralmente da Allen è quella degli intellettuali e delle classi medio-alte, in particolare appartenenti alla comunità ebraica. Ad alcune critiche ricevute per il fatto che si occuperebbe solo dei problemi della borghesia bianca della città, Allen ha risposto in una intervista: “Io abito in un ambiente ricco della città. Quello che mi diverte è raccontare quello che vedo. Tutti pensano che i ricchi non abbiano problemi, quando invece in ogni mio film dimostro come le persone abbienti abbiano le difficoltà di tutti quando vengono a scontrarsi con le questioni di cuore e psicologiche”.

A quasi 84 anni, Woody Allen torna con Un giorno di pioggia a New York – suo 49° film e sua terza proficua collaborazione con il grande direttore della fotografia Vittorio Storaro, per  accontare e celebrare New York. Ed è proprio “in e da” New York che il cinema di Allen trova la sua massina espressione: la città diventa il luogo centrale della poetica alleniana, il centro pulsante delle sue riflessioni esistenziali, palcoscenico dal quale raccontare la sua visione del mondo e delle relazioni umane.

Un giorno di pioggia a New York è una commedia romantica/filosofica: il protagonista, interpretato dal giovane Timothèe Chamalet, Gatsby Welles – alter ego alleniano che già nel nome contiene ed evidenzia i gusti letterari (Francis Scott Fitzgerald) e cinematografici (Orson Welles) del regista – è un ragazzo newyorkese dell’Upper East Side, intelligente, colto, ribelle, genio del poker, lettore onnivoro e appassionato di jazz, di vecchi film e locali retrò, che organizza per la fidanzata Ashleigh (Elle Fanning), provinciale di Tucson, Arizona, aspirante giornalista, un weekend romantico a New York dove la ragazza ha ottenuto, attraverso il giornale del college, un’intervista con il suo regista preferito, Roland Pollard (Liev Schreiber).

Gatsby, da orgoglioso newyorchese, è ansioso di mostrare alla sua ragazza i posti di New York che preferisce, in quanto Ashleigh  ha visto la città da bambina. Ma dal momento in cui i due fidanzati arrivano a New York niente andrà come previsto ed i due ragazzi vivranno – separatamente – imprevisti, contrattempi, avventure.

I luoghi visitati ci mostrano la diversa personalità dei protagonisti. Gatsby è giovane ma è come se appartenesse ad un’epoca passata: preferisce i classici film hollywoodiani, la musica di Gershwin, i locali retrò (lo vediamo infatti al Village, nei vecchi hotel e al bar Bemelmans del Carlyle Hotel), la pioggia; Ashleigh, come Gatsby, è nata da una famiglia benestante ma in provincia e questo fatto l’ha resa più serena e spensierata, non ha i conflitti interiori del fidanzato, non ama la pioggia e preferisce la New York contemporanea, glamour e piena di luci di Soho e Downtown.

Anche l’abbigliamento dei due protagonisti mostra la loro diversa personalità e visione del mondo: a Gatsby non interessa la moda, è un tipo all’antica che indossa giacche di tweed; Ashleigh invece, per farsi notare si presenta ad intervistare il regista Roland Pollard con un golfino di cachemire rosa pastello; Chan (Selena Gomez, cantante vincitrice di numerosi dischi di platino e diventata attrice tout-court), la sorella di un’ex di Gatsby che avrà un ruolo importante negli incontri in città del ragazzo, è invece vestita in modo più audace: è una di quelle newyorchesi che indossano con disinvoltura abiti molto costosi, come l’impermeabile di Stutterheim, capo da pioggia molto di moda quando Allen ha girato il film.

 

 

 

In un Un giorno di pioggia a New York troviamo molti dei temi cari al regista: la sua amata New York, che oltre a fungere da location assurge a protagonista; la ricerca dell’identità (ogni personaggio indossa una maschera per paura ed insicurezza e potrà essere felice solo abbandonandola); il tempo: poiché Gatsby ha pianificato nei dettagli tutto il weekend, nel film sappiamo sempre che ore sono (non per caso compaiono spesso orologi), e vediamo in che modo, invece, gli avvenimenti sfuggono al suo controllo; il destino: ciò che succederà a Gatsby, ad Ashleigh, a Chan, lo “decideranno” New York, la vita, il destino stesso.

Molti considerano  ripetitivo il cinema di Allen. In realtà, l’anziano regista mantiene un cuore ed uno sguardo giovani: in questo film mette a punto una sceneggiatura vivace e piena di ritmo e sorprese, realizza una grande potenza visiva che trova la sua apoteosi anche nell’utilizzo della luce (quella riversata dal direttore della fotografia Vittorio Storaro su Ashleigh, per sottolinearne la solarità o la luce che varia anche all’interno di una stessa scena per modificarne tono di voce e significato); l’utilizzo di 3 giovani attori molto bravi. Tutto confluisce nel rendere questo film un piccolo gioiello imperdibile, una sorta di “ronde” sentimentale che poteva avere come ambientazione soltanto la magnifica New York in un giorno di pioggia.

La stessa “ronde” che ritroviamo nell’appuntamento finale al Central Park sotto la giostrina di animali del delizioso Delacourt Clock: solo il tempo racconterà cosa succederà nelle loro vite.

Questa commedia romantica dai risvolti filosofici affronta, sempre con toni leggeri e con il sorriso, molti temi complessi della vita: la fragilità dell’amore, il conflitto tra sogni ed ambizione, tra identità e maschera, tra illusione e disincanto. Tutto sembrerebbe portare al pessimismo ed alla malinconia. Ma Woody Allen si apre e ci apre alla speranza, facendoci comprendere che l’unico antidoto possibile sia inseguire sempre la bellezza: quella donata dall’arte, dalla letteratura, dal cinema, dai sentimenti, dalle passioni. Solo la bellezza ci può salvare e Allen ce lo ricorda con il suo tocco lieve, le battute fulminanti, l’atmosfera romantica della pioggia, la sua amata New York.

Usciamo dal cinema sollevati, leggeri, felici, con in testa il motto di Aldo Palazzeschi: “Fatemi divertire!”. Perché un piccolo film-gioiello come Un giorno sotto la pioggia a New York,  come la Bellezza, non solo salva ma dona gioia e felicità.

 

 

Un giorno di pioggia a New York

Sceneggiatura e Regia: Woody Allen

Cast: Timothée  Chalamet (Gatsby Welles), Elle Fanning (Ashleigh), Selena Gomez (Chan), Jude Law (Ted Davidoff), Diego Luna (Francisco Vega), Liev Schreiber (Roland Pollard), Cherry Jones (madre di Gatsby)

Direttore della Fotografia: Vittorio Storaro

Montaggio: Alisa Lepselter Ace

Distribuzione: Lucky Red

Durata: 92 minuti

 

WOODY ALLEN

Regista, attore, sceneggiatore, compositore. Nato a Brooklyn, da una famiglia ebraica di origine ungherese, a soli sedici anni decide di adottare il nome d’arte di Woody Allen e comincia a guadagnare i primi soldi vendendo le sue gag prima per strada e poi ai comici televisivi. Falliti gli studi sia alla New York University che al City College, inizia a lavorare come “gang man” per alcuni spettacoli televisivi e come presentatore nei night clubs, alternando esibizioni comiche e musicali (suona il clarinetto dall’età di dodici anni). Prima di tentare la strada del cinema ottiene un grande successo a Broadway con le sue commedie: “Don’t drink the Water” e “Play it again Sam“. Nel 1965 debutta ad Hollywood come attore e sceneggiatore con “Ciao Pussycat” (What’s new Pussycat) di Clive Donner. Il primo film lo dirige nel 1969: “Prendi i soldi e scappa” (Take the money and run). Nel corso della sua carriera ha ricevuto diciotto nominations all’Oscar vincendone 3: per la regia e la sceneggiatura originale di “Io & Annie” (Annie Hall) nel 1977 e per la sceneggiatura originale di “Hanna e le sue sorelle” (Hannah and her sisters). “Io & Annie” ha vinto anche l’Oscar come miglior film. Nel 1995, anno del centenario del cinema, riceve a Venezia il Leone d’oro alla carriera, ritirato in sua vece da Carlo Di Palma, che in quell’occasione ha dichiarato: “Ritirare premi al suo posto è diventato quasi un lavoro a tempo pieno, vista la sua idiosincrasia per le cerimonie pubbliche”.

 

Libri e… cioccolata

 

 

 

Il cioccolato è materia viva, ha il  suo linguaggio interiore.

Solo quando si sente oggetto di intima

 attenzione, e solo allora, esso cessa

 di ammaliare la gola e si mette

 a dialogare con i sensi

(Alexander von Humboldt)

 

In questo mese di febbraio al posto di un libro vi ho consigliato un film e, sempre all’insegna del cambiamento (temporaneo!), metteremo da parte anche la degustazione del mio/nostro amato tè.

Per accompagnare la visione del film “Un giorno di pioggia New York”, sia se – come mi auguro – lo vedrete in una sala cinematografica, che se lo guarderete a casa in dvd (ma non perdetevelo, mi raccomando!), potrete donare gioia al palato ed ai sensi con qualche quadratino della Tavoletta di cioccolata al latte con cristalli di caramello della Baratti & Milano.

L’Azienda Baratti & Milano fa parte della storia dolciaria italiana e, da oltre 160 anni, è tra le firme italiane più prestigiose nel mondo del cioccolato. I suoi fondatori, Ferdinando Baratti e Edoardo Milano – due giovani intraprendenti, trasferiti dal Canavese a Torino, alla ricerca di fortuna – nel 1858 decidono di aprire una confetteria e liquoreria in via Dora Grossa a Torino. Per imparare nuove ricette Edoardo Milano si trasferisce per un certo periodo anche a Parigi, dopo essersi fidanzato con una ragazza che gli porta una dote cospicua e lo asseconda nel suo lavoro. Insieme, Ferdinando e Edoardo, riescono ad affermarsi in poco tempo nella splendida Torino.

La Baratti & Milano seleziona il cacao già all’origine, nei paesi della fascia equatoriale del centro America e dell’Africa. I tecnici dell’azienda seguono direttamente tutte le fasi di lavorazione, scegliendo le migliori produzioni. La coltivazione, la raccolta dei frutti maturi (chiamati Cabasse e contenenti al loro interno i semi o fave di cacao), la fermentazione del frutto e l’essicazione dei semi: queste lavorazioni sono fatte nella zona di origine per ottenere una materia prima di alta qualità. La qualità del cioccolato dipende dal miglior cacao ma anche da altri importanti ingredienti: uno di questi è il latte di Normandia, universalmente conosciuto di alta qualità, o come le nocciole coltivate in Piemonte. L’azienda, che ha mantenuto un’anima artigianale che si esprime attraverso i suoi maestri cioccolatieri, garantisce al tempo stesso una qualità costante e rigorosi controlli.

 

Curiosità

L’alta qualità dei prodotti della Baratti & Milano le ha fatto ottenere sin dalle origini importanti riconoscimenti, tanto da potersi fregiare dello stemma sabaudo quale “fornitrice della Casa Reale”. Inoltre, l’Azienda è stata protagonista della storia della città di Torino ed ha ispirato mode e consuetudini legate al “dolce”.

Descrizione

Il finissimo cioccolato al latte si sposa con il gusto del caramello (in cristalli) che in bocca regala una piacevole croccantezza a questa tavoletta, più sottile per assaporarne al meglio la fragranza.

Ingredienti

Zucchero, burro di cacao, latte intero in polvere, pasta di cacao, granella di caramello (zucchero caramellato, sciroppo di glucosio caramellato, panna caramellata, burro caramellato) (13%) emulsionante: lecitina di soia. (Cacao 30% minimo nel cioccolato al latte). Allergeni: può contenere tracce di nocciole e mandorle.

Abbinamento

Da gustare in qualsiasi momento per una pausa golosa. A fine pasto potrete accompagnare questa cioccolata con un buon distillato, magari un whisky con note di malto e vaniglia (perché, ogni tanto, un dito di superalcolico piace anche a noi donne colorate, vero?).

Conservazione

Conservare in luogo fresco e asciutto.

Confezione

75 g

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Michela Scomazzon Galdi

Mi chiamo Michela e mi occupo di comunicazione e uffici stampa nel settore culturale perché credo che la cultura, oltre a donare bellezza, possa contribuire al dialogo interculturale e alla pace.

Promuovo e comunico i tuoi eventi culturali, rendendoli unici attraverso il fascino dei colori.