Di Elisa Zappa
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“Quando il cielo si fa blu, penso solo a te
Chissà come stai lassù ogni notte
È blu celeste, è blu celeste
È blu celeste”
canta Blanco.
Si racconta che il suo sia un brano dedicato al lutto ma come ogni “perdita” non resta solo il vuoto di fronte ai nostri occhi ma anche i “ponti” che sappiamo costruire per generare nuove connessioni con ciò che è venuto a mancare. Le nuove corrispondenze.
Il CIELO è per antonomasia il “luogo” di tutti e di tutto. Infinito e quindi infinitamente accogliente.
Misterioso e quindi ricco di possibilità, di tridimensionalità, di Spazio.
Celeste sopra la nostra testa nelle giornate limpide e così scuro nel profondo degli abissi o dell’Universo.
“Chissà come stai lassù ogni notte”…
Blu: luogo dell’Immaginario.
“Senza titolo”, Eleonora Dall’oco, cianotipia da negativo, 2022
“Ceci est la coleur de mes rêve” (questo è il colore dei miei sogni) scriveva Joan Mirò in una sua peinture-poésie in cui fantasticava di fotografare i propri sogni e scoprirli proprio di questa tonalità. Una macchia di blu per inciso: informe, libera, senza contesto, smaterializzata, simile ad una nuvola.
Il BLU è un “galleggiamento” tra acque e cielo e forse anche per questa sensazione che sa generare, ben chiara sia alla mia mente che al mio corpo, è il colore che prediligo nel mio laboratorio di Arteterapia.
Sono un’arteterapeuta e il mio mestiere è accompagnare persone di ogni età nella ricerca della propria salute e della propria Via (che guarda un po’, spesso coincidono). In tanti anni di professione ho provato sulla mia pelle che ben pochi rimedi sono efficaci quanto i COLORI. Non tanto il colore strumentalizzato dai trend di mercato ma il colore che genera autentiche “corrispondenze”, vicinanze soggettive, quasi private: “Quando il cielo si fa blu penso solo a te”.
“Festa in cielo”, Elisa Zappa, foto digitale, 2022
Credo che il colore sia il più universale dei linguaggi visivi non perché veicoli le stesse emozioni o traduca i medesimi concetti in maniera univoca per ogni Cultura o individuo ma perché, al contrario, costruisce una via “visibile e condivisibile” per contenuti emotivi complessi, talvolta prorompenti e talvolta delicatissimi.
In Arteterapia “fotografare” i sogni, i desideri e i bisogni che abitano il nostro mondo interiore è il punto di partenza per costruire il ponte che li veicolerà fuori da noi, che li libererà nel mondo. È una foto istantanea che “si crea mentre si fa”: mentre si disegna, si dipinge o si modella si lascia fluire nelle mani ciò che occupa testa e cuore. Sono sempre COLORI, SEGNI e MATERIALI che si caricano di emozioni e pensieri per trasportarli all’esterno. Sono loro che manifestano. Loro che fanno il “lavoro duro”.
A mio avviso i colori in primis.
Nella propria storia personale espressa per immagini attraverso le opere o tramite l’abbigliamento o l’arredamento dei propri ambienti di vita, ognuno costruisce una “tavolozza cromatica soggettiva” in cui ciascun colore è una porta d’ingresso ad una dimensione di significato.
Nella mia tavolozza il Blu è PACE, in tutte le sue sfumature.
“Trasognato”, Elisa Zappa, opera in laboratorio di arteterapia, tecnica musta, 2021
È il colore di partenza della maggior parte delle mie opere create in contesto di Arteterapia. È lo spazio sicuro da cui cominciare a costruire, perché sì, tutti abbiamo bisogno di uno spazio sicuro, anche quando ci lanciamo in un’avventura creativa che farebbe immaginare solo novità, incognite ed esplorazioni…
Avete mai provato la sensazione di disagio di fronte ad un foglio bianco?
Non sapere da “dove” iniziare… Non avere idea di “cosa” fare…
Anche i “creativi” possono sperimentare questo “nodo” iniziale ma hanno sviluppato strategie per scioglierlo. Quanto somiglia tutto questo alla vita quotidiana?
Frida Kahlo, come molti colleghi del suo tempo che desideravano liberare l’immaginazione dai lacci del conformismo, usava gettare gocce d’inchiostro sulle pagine del suo diario: la carta macchiata era un buon inizio per fantasticare e dipingere.
Pura strategia.
La mia è il blu.
“Senza titolo”, Elisa Zappa, opera realizzata in laboratorio di arteterapia, inchiostri e acquarelli, 2022
Quando la punta del mio pennello affonda in una boccetta d’inchiostro o ruota sulla tavolozza degli acquarelli so che starò bene. So che quel blu rinfrescherà i miei “bollenti spiriti”, che i segni fluiranno come linee d’acqua, che sto curando la mia iper-attività con un lungo respiro fatto di colore.
È un rimedio naturale per equilibrare. È il mio luogo di comfort. Stasi. Riposo. Pace.
Esiste una spiegazione scientifica a ciò che personalmente percepisco come un evento soggettivo:
“Tutti, anche i non vedenti, hanno un recettore speciale in grado di percepire la luce blu. Si tratta di un fattore cruciale, dato che è proprio la nostra risposta a questa porzione dello spettro visibile (…) a stabilire i nostri ritmi circadiani, l’orologio interiore che ci aiuta a dormire di notte e restare vigili di giorno”.
(Kassia St Clair, Atlante sentimentale dei colori, UTET 2021)
“Regressione”, Stefano Questorio, trasparenza polaroid su polaroid scaduta, 2021
Questa innata percezione del blu come colore vicino al SONNO e al SOGNO ha contribuito a far sì che nel linguaggio artistico si caricasse di valori archetipici e onirici e che perfino la sua anima, essenzialmente pacifica, prendesse le sembianze di un cavaliere combattivo: “Blau Reiter”, “Il cavaliere azzurro” come lo definiva Kandinsky, una visione spirituale in conflitto col materialismo, col razionalismo, contro le regole accademiche, a favore dell’espressione libera dell’immaginario e della poesia.
Anch’io sperimento quell’area pacifica e confortevole utilizzando questo colore in ogni sua sfumatura: il blu “va oltre”, si innalza sopra le cose più terrene e pesanti, volge lo sguardo al cielo, verso il firmamento o in lontananza, verso l’orizzonte. Leonardo da Vinci lo adoperava per infondere profondità, per offrire una “prospettiva” nei suoi dipinti.
Il blu mi permette di “trascendere” nello spazio di un foglio e nel tempo di un breve laboratorio. Sono certa non accada solo a me.
Il tema dell’OLTRE era chiarissimo anche agli artisti europei che dal Medioevo in poi utilizzarono il preziosissimo “Blu oltremare” (Ultra-marino) proveviente dal Medio Oriente lungo rotte insidiosissime:
“Il prestigio dell’oltremare cambia le sorti del blu, che da colore poco usato nell’Antichità diventa dal
Rinascimento in poi la tinta più nobile e apprezzata. Fino al punto da essere scelto come la virtù stessa
del manto della Madonna. Una novità assoluta”.
(Riccardo Falcinelli, Cromorama, Einaudi – Stile libero, 2017)
La dimensione spirituale del Blu che non apparteneva in origine alle nostre radici greco-romane era invece già patrimonio dell’Antico Egitto che la esprimeva in dipinti sacri e nei paramenti funebri: pare che il guardaroba funerario di Tutankhamon fosse quasi completamente color indaco. Un colore pensato per accompagnare OLTRE che raffigurava il cielo, il Nilo, la divinità…
Un “periodo blu”, segnato dalla morte e dal sentimento del lutto fa parte anche della storia dell’Arte europea più moderna. È Picasso che riporta nuovamente il blu sotto lo sguardo di tutti. Porta fuori da sé la sofferenza, la malinconia nuovamente causata dalla perdita (della sorella prima e di un caro amico in seguito) e affida tutto al colore, alla sua atmosfera fredda, cupa, che sfuma nell’oscurità.
“Cominciai a dipingere in blu quando riconobbi che Casagemas era morto”.
“Freddo”, Massimiliano Rusconi, acrilico su tela, 2021
Perché il blu può essere limpido, chiaro e leggerissimo o misterioso, scuro e pesante, proprio come noi.
È in questa presa di coscienza che risiede la Pace?
Oppure nel galleggiare sulla superficie del mare?
Oppure è nella luce fredda dell’alba che precede di un filo il risveglio di tutte le cose?
O nella notte buia e silenziosa in cui tutto dorme?
Quante cose è il blu e quanti si riconoscono in questo colore?
C’è stato un tempo, alla fine delle due guerre mondiali, in cui il blu ha assunto il valore di “colui che spegne” il fuoco del conflitto, colui che “lava” il sangue delle battaglie (naturalmente rosso). Il designer che ideò il pittogramma per le Nazioni Unite progettò con questo intento un globo blu ceruleo circondato da rami d’ulivo.
Nel 1955 anche il Consiglio d’Europa, impegnato nella difesa dei diritti umani e nella promozione della cultura europea, scelse un simbolo che andava a ricomporre ciò che le due grandi guerre avevano spaccato: la Pace.
“Sullo sfondo blu del cielo, una corona di dodici stelle dorate rappresenta l’unione dei popoli europei. Il numero delle stelle, invariabile, è simbolo di perfezione e unità”.
Il colore di base della bandiera è il blu elettrico, precisamente “Blu Reflex Pantone”. Inequivocabile.
Quasi trent’anni dopo il Parlamento europeo confermerà la scelta per la nuova Comunità europea: la bandiera sarà la medesima, quella che tutti conosciamo.
“A causa della sua relazione con il cielo, l’azzurro simboleggia tutte le virtù più elevate e, tra quelle spirituali, devozione, fedeltà, castità, giustizia, santità”.
Blu rassicurante. Blu “pacificatore”.
Se sono tanto stanca dipingo in Blu di Prussia. È come una culla silenziosa.
Se voglio lasciarmi sedurre dal colore scelgo il Blu ottanio.
Se cerco la purezza viro verso l’azzurro, verso l’acquamarina e così via.
Ogni sfumatura in corrispondenza con il mio sentire.
Ma cosa sentono gli altri?
Presumo molte cose differenti, tante quante sono le tonalità di blu ma c’è un dato interessante che parla a noi come collettività: la Pantone, massima autorità in fatto di classificazione e standardizzazione del colore, ha dichiarato che il BLU CERULEO è il colore della nostra Epoca per l’estremo bisogno dell’uomo moderno di “cercare la Pace interiore e l’appagamento spirituale nel nuovo millennio”.
Possiamo solo desiderare che questo nostro pianeta, non a caso definito in maniera descrittiva ma anche evocativa “Pianeta blu” possa davvero riconquistare le sue acque perdute, rimediare alla sua siccità e costruire una Pace mai realmente esistita. Ci occorrono nuove sorgenti. Sappiamo di quale colore immaginarle.
“Piccola sorgente”, Elisa Zappa, opera realizzata in laboratorio di arteterapia, tecnica mista, 2022
Immagine di apertura: “Pop Quarantine”, Stefano Questorio Polaroid blue Duochrome, 2020
Elisa Zappa
Amo definirmi coltivatrice di “giardini dell’immaginazione” e “campi di creatività”, soggettiva e collettiva (e il mio cognome aiuta).
Sono laureata in Disegno Industriale al Politecnico di Milano e specializzata in Arteterapia presso il Centro per le Artiterapie di Lecco.
Appassionata di sensorialità e benessere pratico Shiatsu e studio medicina cinese.
Nel 2007 ho partecipato alla fondazione di Spazio Ars, associazione culturale che riunisce professionisti delle arti e delle terapie per lo sviluppo delle risorse psico-fisiche a tutte le età.
Da allora Spazio Ars é la casa della mia professione a Legnano (Milano).
L’altra “residenza” della mia creatività é la Casa-Laboratorio Montefiore 66: un Sogno condiviso divenuto realtà nelle campagne di Recanati (Macerata).
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