Di Fabiana Pozzi
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“La felicità non risiede nel possesso dell’oro, la felicità abita nell’anima”. (Democrito)
Quando penso al color oro approdano alla mia mente in particolare due cose:
– Il viaggio appena trascorso in Myanmar
– L’arte del Kintsugi
E in entrambi i casi la gratitudine è il vestito ideale.
L’oro una scelta di gratitudine
Per il periodo natalizio appena trascorso sono stata a visitare la Birmania che, dal 1989, ha cambiato il suo nome in Unione di Myanmar, accorciato in Myanmar.
Lo chiamano il Paese d’oro, forse definito così da una delle prime etnie che lo popolò, forse per le numerose pagode d’oro presenti sul luogo, o forse ancora per l’applicazione di foglie d’oro che i fedeli fanno alle statue del Buddha.
Foto di Paolo Criscuoli
Questo è uno dei motivi più evidenti che mi danno modo di associare la parola Oro al concetto di Gratitudine.
Il viaggio in questa terra è una successione di emozioni, di incontri, di scoperte uniche e affascinanti. In ogni centimetro quadrato di terra è possibile trovare una Pagoda contenente almeno una statua del Buddha. Diverse sono le dimensioni, diversi i colori ma tutto accomunato da un’unica e profonda sensazione di immensa gratitudine.
All’interno di ogni Pagoda, davanti alle imponenti statue del Buddha si trova sempre qualche fedele chinato in avanti che prega a mani giunte o che si avvicina alla statua per apporre su di essa una o più foglie d’oro in segno di gratitudine e di riconoscenza.
Sono a volte mani piccole, giovani, altre volte mani più consumate e magre, come quelle della foto scattata da mio marito qui in alto. Ma tutte sono accomunate da un solo gesto: profonda devozione!
Anche lo spirito religioso quindi ha il colore dell’oro e fa brillare tutto ciò su cui si posa, non tanto per il valore dell’oro in quanto tale, piuttosto per la costante vibrazione di gratitudine che si respira camminando per le vie di questa terra.
Queste due parole viaggiano davvero alla stessa frequenza vibrazionale e lasciano arricchito chiunque le respiri.
“Le persone che hanno avuto la possibilità di visitare la Birmania portano nel cuore, anche dopo mesi o anni dal viaggio, un sentimento particolare e indefinibile, fatto un po’ di nostalgia e un po’ di gratitudine, come se la Birmania fosse per loro una dimensione dell’anima piuttosto che un luogo geografico”. (Antonio Girardi)
Il Kintsugi, l’arte di riparare
Passando dalla Birmania al Giappone ci si avvicina ad un’arte che da sempre mi affascina e mi incuriosisce e che associo all’ambito della crescita personale: il Kintsugi.
Così è definita l’arte giapponese attraverso la quale si procede a riparare le ceramiche con l’oro, mettendo in risalto le varie crepe anziché nasconderle.
Il motivo principale per cui si procede a questa riparazione con l’oro e per evidenziare come un vaso possa essere ancora più bello quando si rompe rispetto a quando era integro e ‘perfetto’.
In questo modo si mette in risalto la crepa non come qualcosa di negativo o di penalizzante per l’oggetto in ceramica, bensì come l’opportunità per diventare ancora più bello e prezioso di prima.
L’origine della parola
Come spesso accade mi lascio letteralmente affascinare dall’origine etimologica della parola perché ritengo sveli molto della sua storia.
Il termine giapponese “kintsugi” deriva da “kin” (che significa letteralmente “oro”) e “tsugi” (che sta per “ricongiunzione, riunione, riparazione”).
A differenza di quanto spesso accade in occidente dove la rottura di un oggetto implica che lo stesso venga sostituito, in oriente la rottura di una ciotola o di un qualsiasi oggetto di ceramica diventa l’occasione per renderlo ancora più bello e pregiato. I pezzi in cui si è scomposto inevitabilmente l’oggetto in seguito alla rottura vengono ricongiunti e riuniti attraverso il valore del metallo dell’oro.
Alcuni documenti accreditati fanno risalire l’origine di tale tecnica artistica al XV secolo. Si narra che l’ottavo shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe la propria tazza da tè e decise di farla riparare da alcuni esperti artigiani i quali applicarono la tecnica del kintsugi. Riempirono le crepature con resina e polvere d’oro, ridando nuova vita alla tazza.
Photo by Holger Link on Unsplash
Il Kintsugi come lezione di vita
Sono tante le metafore di vita che possono essere applicate a questa tecnica e traslate nella nostra quotidianità. Mi concentro in particolare su 3 concetti a mio avviso importanti:
1. LASCIARE ANDARE LA PERFEZIONE
Nella cultura occidentale siamo spesso molto legati all’immagine di perfezione da trasmettere all’esterno. Se siamo imperfetti non va bene, cosa penseranno di noi, quasi ci sentiamo più deboli.
Darsi il permesso di lasciare andare questa immagine ci consente di accogliere e valorizzare ciò che siamo con tutto ciò che ci contraddistingue proprio come segno di unicità e di ricchezza.
2. DARE VALORE AD OGNI ESPERIENZA
Ogni esperienza che caratterizza la nostra Vita è stata scelta per noi e per la nostra crescita e come tale merita di essere vissuta a pieno e con un profondo senso di gratitudine. Anche quando, apparentemente, sembra non avere nulla di positivo.
Come ci insegna il Kintsugi, una crepa può avere più valore di un oggetto integro.
3. RICHIAMARE LA VIBRAZIONE DELLA PAROLA
Ogni parola ha una sua vibrazione energetica. La vibrazione della parola ‘kintsugi’ è in grado di ridare benessere anche solo attraverso la sua pronuncia.
Può essere quindi un esercizio utile e carino ripetere nella mente la sua frequenza ogni volta che qualcosa si rompe o non va come avevamo immaginato.
“Non c’è niente di più bello di una persona che rinasce. Quando si rialza dopo una caduta, dopo una tempesta e ritorna più forte e bella di prima. Con qualche cicatrice nel cuore sotto la pelle, ma con la voglia di stravolgere il mondo anche solo con un sorriso”. (Anna Magnani)
Fabiana Pozzi
Mi chiamo Fabiana Pozzi e in ambito professionale amo definirmi una Creatrice di leggerezza.
Lavoro con le donne che hanno voglia di riconnettersi con la propria Unicità, di ritrovare il proprio spazio e di riscoprire il proprio equilibrio per assaporare leggerezza nella Vita di tutti i giorni.
Lo faccio attraverso un approccio completo che unisce Counseling, Fiori di Bach e Flower Massage perché ritengo che il benessere nasca dall’integrazione tra Mente, Anima e Corpo.
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