Di Maria Rosa Cirimbelli

***

Per quelli che, come me, hanno vissuto l’adolescenza negli anni ‘70 il giallo sorriso non può che riportare alla memoria gli smile.

Erano anni particolari quelli, fatti gravissimi proiettavano ombre oscure sul nostro Paese. Bombe, omicidi politici, manifestazioni violente. Brigatismo. Milano era grigia, pesante, avvolta nella nebbia in inverno e in un caldo umido in estate. E la primavera sembrava avanzare stancamente in una città apparentemente senza fascino, tanto che perfino nelle mattine di splendida luce, le guglie del Duomo parevano lance di una battaglia contro il cielo. All’ingresso della galleria fronte Duomo si radunavano uomini vestiti da uomo a discutere di politica. Parlavano in italiano, litigavano in milanese. E tra piazza Castello e il parco si aggirava un mitico individuo: CT, ovvero Carlo Torrighelli (o Contro Tutti, come lo chiamavamo noi). Lui il suo carretto carico di pennelli, cartelli e cani, la sua voce amplificata dal megafono “il clero uccide con l’onda” e quelle scritte sui marciapiedi che anticipavano epoche, sospetti e certezze.

Carlo Torrighelli da repertorio web

Dalla periferia dove vivevo, andavo tutti i giorni a Milano dove frequentavo un istituto magistrale in zona Maciacchini. Da lì, quasi ogni mattina, si partiva per andare in manifestazione. Un corteo di ragazze che prima si fermava a raccogliere i maschi del Cremona, istituto professionale poco distante, e poi si addentrava nel centro della città. Tra assemblee, scioperi improvvisi, annunci di bombe, a scuola ci stavamo poco e male.

Per età io non ero tra quelli fighi del ‘68, e per ceto sociale neppure tra quelli ricchi. Io ero una ragazza senza una chiara identità politica e nessuna tessera in tasca. Ci chiamavamo “cani sciolti”. Eravamo quelli della musica ribelle, delle case occupate per dare spazio all’arte, al teatro, all’amore. Eravamo gli indiani metropolitani, anche se io a dirla tutta ho goduto pochissimo di tutta quella libertà tanto gridata. Molti sono diventati poi uomini e donne importanti, cineasti, pubblicitari, politici, cantanti. Ma molti altri hanno subito il fascino senza ritorno di un’eroina negativa.

Dal piombo al giallo sorriso

Lo smile – Immagine di Pumbaa80 – Opera propria, Pubblico dominio

Fu in quel periodo “di piombo” che comparvero all’improvviso buffi e banali sorrisi: sui cappotti, sui cappelli, alle cinte delle borse di cuoio con le frange, sulle cinghie attorno ai libri. Erano spille gialle, tonde, di latta. Erano gli smile. E per me, sin da subito, furono un simbolo di pace, di leggerezza in tutto quel tumulto di sensazioni forti.

Harvey Ball il papà dello smile da repertorio web

Ma da dove viene questo iconico simbolo, progenitore delle attualissime emoticon? A crearlo fu un designer americano, Harvey Ball, che nel tracciare quel semplice cerchio giallo, con dentro una parentesi e due punti neri, non poteva immaginare che sarebbe diventato sinonimo di ottimismo. Per quel lavoro, che serviva a dare un po’ di positività ai dipendenti di una Assicurazione americana, Harley Ball chiese 45 dollari; per un simbolo che da lì a poco avrebbe fatto il giro del mondo.

Fu Franklin Loufrani, dirigente francese, a portare lo Smiley (o smile è uguale) in Europa registrandone il marchio e facendone il proprio impero economico. Lo utilizzerà infatti per una campagna per favorire le notizie positive di un noto quotidiano francese. Così quella faccina gialla diventò una guida sul giornale e diventò portatrice indiscussa del messaggio: “Prendetevi il tempo di sorridere”.

È con i fratelli Spain, all’inizio degli anni ’70 che lo smile diventa il protagonista di felpe, tazze, t-shirt e spille. Quelle della mia adolescenza, appunto.

Smile, le emoticon e la moda

Oggi lo smile è diventato tecnologico e non è più solo un semplice sorriso: attraverso le Emoticon è diventato un vero e proprio linguaggio. Nel 2015 una delle più usate, quella che ride con le lacrime agli occhi, è stata proclamata “parola dell’anno” dal prestigioso Oxford Dictionary. E come tutte le cose che diventano eterne, al compimento dei suoi primi 50 anni, l’iconica faccina è tornata in grande forma su più di una passerella.

Lo smile in passerella per i suoi primi 50 anni – Photo da Pinterest

World Smiley Corporation

E del suo inventore invece? Pur non avendo guadagnato nulla al di fuori di quei 45 dollari, per Harvey Ball lo smile rappresentò una vera e propria scelta di vita.

Infatti, nel 2005 fonda la World Smiley Corporation che ha poi istituito la Giornata mondiale del sorriso. È il primo venerdì di ottobre, segnatevela in agenda con questa frase che racchiude tutta la filosofia di Harvey Ball: “quello che è più importante, ogni giorno della vita, è potersi concedere un atto di gentilezza, aiutando qualcun altro a sorridere”.

mariarosa cirimbelli

Maria Rosa Cirimbelli

Nasco a Milano nel 1960 e dal 1997 sono una libera professionista.

La mia vita professionale è stata costellata da momenti buoni e altri meno, e quello che mi sorprende oggi è essere ancora felice di fare ciò che faccio. Mi occupo di comunicazione per le imprese e, dopo tanti anni di onorato servizio, posso dire di essere una consulente che sa orientare e guidare qualsiasi azienda in questa attività fondamentale.

Ho chiamato la mia attività Geode Comunicazione, perché mi intrigano i “belli dentro”, quelle realtà che, come il geode, viste da fuori sono sassi grezzi e duri, la cui vitalità e bellezza sta tutta all’interno. Ed è lì che mi piace indagare per fare emergere i valori, le esperienze, le qualità dei prodotti e delle persone.

Da sempre mi piacciono le storie, quelle belle, appassionate, che ti aprono gli occhi, la mente e il cuore. Storie da ascoltare, da scrivere e da condividere. Anche quelle impossibili, fatte di apparente normalità. Storie in bianco e nero o a colori. Storie da far vivere per non dimenticare.

Comunicare per me è emozione, oltre che competenza. Emozione che provo ogni volta che apro un geode e un mondo pieno di colori prende luce.

Il mio sogno? sviluppare il progetto CIRISCRIVE.

www.geodecom.it